GIORGIO ANTONUCCI

26284

Cominciai a capire che la medicina non funzionava quando entrai negli ospedali e mi accorsi che le relazioni con i vivi sono condotte con la stessa indifferenza che si ha verso i morti. E scoprii che la nostra medicina è un intervento sull’oggetto da accomodare. [...]

 Appare bizzarro, ed è terribile e disumano che, nel momento in cui una persona sta soffrendo, non ci sia il minimo interesse umano per quanto prova. È un modo che facilita la morte, un modo accettato passivamente da tutti, come se fosse naturale. L’ospedale così com’è oggi non risponde assolutamente alle necessità dei cittadini; è un luogo dove si va per essere riparati come degli oggetti, o dove si va a morire senza che nessuno prenda in considerazione il fatto che non siamo degli oggetti, bensì persone.(Giorgio Antonucci)

continua

In Memoria di Giorgio Antonucci

12-5

“ Noi non riteniamo possibile separare la negazione delle istituzioni psichiatriche dalla negazione della psichiatria come scienza, perché è per l’appunto la psichiatria che ha costruito i manicomi, che li costruirebbe ancora, e che continua a giustificarne l’esistenza [..] Sul piano politico si potrebbe fare un parallelo molto significativo. Non è possibile apprestarsi a distruggere i lager e i ghetti senza negare e distruggere l’ideologia della razza, di cui i lager e i ghetti sono una logica e inevitabile conseguenza”
( Giorgio Antonucci- Il pregiudizio psichiatrico)

Giorgio_Antonucci1

Giorgio Antonucci è stato uno dei protagonisti della lotta per la liberazione dei degenti psichiatrizzati condotta negli anni settanta in Italia, l’ultimo rimasto, sino a questo tragico 18 novembre 2017, sulla scena internazionale a testimoniare e lottare per la liberazione della nostra società dal “pregiudizio psichiatrico”. E’ stato, con Alessio Coppola, il fondatore del Telefono Viola, alla cui esperienza l’associazione si ispira, continuando a lottare contro i trattamenti sanitari psichiatrici obbligatori, che Antonucci considerava come i veri residui manicomiali. Il giudizio psichiatrico, diceva, si contrassegna con particolare ottusità e ridicolaggine rispetto a giudizi di altro tipo: antropologico, filosofico, religioso, poetico, culturale, sociologico, psicologico, letterario, ecc.. e sino all’ultimo ha affermato che Il manicomio non è solo un luogo, ma un criterio e che sino al momento in cui lo Stato si potrà permettere di sequestrare un cittadino per il suo pensiero, i manicomi saranno ovunque. Ha dedicato tutta la sua esistenza alla battaglia per lo smantellamento dei manicomi, prima, e di quei residui manicomiali che sono i reparti psichiatrici dei servizi di diagnosi e cura (SPDC ),poi, evidenziando, ancor prima dell’approvazione della legge “ Basaglia” i limiti di un’azione tesa ad abolire i manicomi, senza preoccuparsi di demolire il vero elemento su cui si basa il potere psichiatrico, “l’arresto psichiatrico”.
Si è sempre distinto per la nettezza e la radicalità delle sue posizioni, come quando, mentre dirigeva il Centro di Igiene Mentale di Castelnuovo Ne’ Monti (dal 1970 al 1972), mobilitò la popolazione contro il manicomio di Reggio Emilia e Modena, per scardinare l’istituzione manicomiale e alcuni gruppi di persone, trovando nei reparti bambini dai quattro ai dieci anni legati alle sedie, stavano per passare alle vie di fatto contro infermieri e medici.
Non sarà facile, senza di lui, sopportare il peso di una battaglia, contro abusi e violenze psichiatriche, che non si è fatta più leggera in questi quarant’anni di pratica psichiatrica senza i “manicomi”, ma forse più dura, nel tentativo di restituire ad ogni individuo il diritto alla personale e immediata difesa, dentro e fuori i reparti psichiatrici, contro l’abuso del fermo psichiatrico a vita e dell’ergastolo farmacologico.
Ma la sua forza continuerà ad essere la nostra forza.

Anna Grazia Stammati
( presidente telefono Viola)
Roma, 19 novembre 2017

Contenuto correlato